Se nell’arte è sostenibile la distinzione tra maschile e femminile, Francesca Mita per l’eleganza delle sue opere, si propone nella logica di questa affermazione seguendo un percorso pittorico in cui la superficie cromatica si lega a materiali come frammenti metallici corrosi dalla ruggine.

È quindi nella percezione del rapporto che si stabilisce tra l’immagine veduta e lo sguardo che vede che l’artista compie la sua ricerca; in quei frammenti recuperati è l’origine della sostanza – il ciclo che si compie e riporta alla terra ciò che era in natura, per essere nuovamente elevato ad elemento iconografico. Nelle composizioni della Mita sui fondi bianchi si delineano forme abbozzate (elemento metallo-ruggine), campiture di colore rigorosamente schematiche impreziosite dall’oro, dal rosso o dal colore blu-azzurro steso in morbide pennellate.

Seguendo empaticamente la tesi che le emozioni di fronte al mistero della vita possono essere espresse attraverso l’assolutezza del colore (pittura americana del ’900) il percorso di Francesca Mita è una personale verifica del mezzo pittorico per sostenere l’espressione semplice del pensiero complesso.